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mercoledì 28 marzo 2012

Black-out. Esegesi casuale di un brano semi-sconosciuto.

Eccomi qua a scrivere un nuovo post.
Fin qui niente di strano.

Invece qualcosa di strano c’è: non ho ancora scelto l’argomento.
In genere si pensa prima a cosa si vuol dire e poi si inizia a scrivere… in genere.

Stavolta ho deciso di scrivere giusto per far qualcosa, per non annoiarmi.
La luce è andata via da un po’ e pare che i super tecnici dell’Enel non siano abbastanza super da mettere tutto a posto in meno di mezz’ora.
Di conseguenza niente internet (lo sapevo che dovevo prendere il gruppo di continuità…), ma portatile operativo per qualche ora.

Quale miglior passatempo allora di battere un po’ le dita sulla tastiera?

La situazione mi ricorda una vecchia canzone di Guccini: Black-out appunto.

Per chi non la conoscesse/ricordasse, si tratta della “cronaca poetica” di una notte senza elettricità.
Credo proprio che parlerò di questo!
Metto il brano in sottofondo (i notebook sono proprio una figata) e via...

Scritta con il consueto stile del prof Guccini, è una canzone descrittiva ed evocativa.
“La luce è andata ancora via, ma la stufa è accesa e così sia,
a casa mia tu dormirai, ma quali sogni sognerai?
con questa luna che spaccherà in due le mie risate e le ombre tue,
i miei cavalli ed i miei fanti, il tuo Hesse sordo ed i miei canti,
tutti i ghiaccioli appesi ai fili, tutti i miei giochi e i tuoi monili,
i campanili, i pazzi, i santi e l’allegria”

Data la situazione si inizia a chiacchierare un po',
“e non andrà il televisore, cosa faremo in queste ore? Rumore attorno non si sente, giochiamo a immaginar la gente, corriamo a fare gli incubi indiscreti, curiosi d’ozi e di segreti”

Parlando quindi delle molteplici sfaccettature che la vita può assumere, dice:
“Avessi sette vite a mano, in ogni casa entrerei piano
e mi farei fratello o amante, marito, figlio re o brigante o mendicante o giocatore, poeta, fabbro, Papa, agricoltore.
Ma ho questa vita e il mio destino e ora cavalco l’appennino
e grido al buio più profondo la gioia che ho di stare al mondo, in fondo è proprio un gran bel gioco a far l’amore tanto e a non ber poco…”

Inevitabilmente il buio e l’assenza di rumori porta alla mente dell’autore i tempi passati, “un altro medioevo”, riuscendo ad evocare perfino i suoni  di quell'epoca 
"ritmi più lontani di bestie, legni, suoni umani,  odore d'olio e di candele, fruscìo di canapi e di vele"


Guccini però non è certo dedito ai facili sentimentalismi!

Si chiede infatti
“ma chissà poi se erano quelli davvero tempi tanto belli,                                  o caroselli che giriamo per l’incertezza che culliamo                                     in questa giostra di figure e suoni, di luci e schermi da illusioni,                        di baracconi in bene o in male, di eterne fughe dal reale                                che basta un po’ di oscurità per darci la serenità,                                   semplicità, sapore, sale, ritornelli”

Conclude quindi che non c’è alcuna necessità di vivere molte vite, ne basta una.
Una vita normale, piena di giorni comuni, intensi o pigri, ed accompagnata dalle normali emozioni, dalla tristezza, dall’ottimismo o dall’ironia.

In tutto questo chiacchierare evidentemente, il tempo passa veloce:
“lo so che è un pezzo che parliamo, ma è tanto bello non dormiamo; beviamo ancora un po’ di vino, che tanto tra due sorsi è già mattino…”

Trascorsa la notte, quando “tutto è ormai finito" ed "il vecchio frigo è ripartito”, conclude così:
“Lo so siam svegli ormai da allora, ma qualche cosa manca ancora;
finiamo in gloria amore mio... che dopo, a giorno fatto,
 
...dormo anch’io.”


P.S. essendo tornata la luce anche a casa mia, aggiungo un link youtube dove ascoltare il pezzo…

mercoledì 21 marzo 2012

AD MAIORA SEMPER... ANZI NO.

Rieccomi a scrivere su questo blog dopo un periodo di assenza: troppi impegni e poche idee che valessero una notte in bianco pur di essere pubblicate...

Oggi sono di nuovo qui sia perché il tempo non mi manca, sia perché ritengo che l’argomento interessi un po’ tutti... perciò bando alle ciance ed iniziamo!

Osservando il mondo che ci circonda, appare chiaro che la quasi totalità delle persone sogna spesso di migliorare la propria vita: che si tratti di andare sulla Luna o comprare un divano più comodo, ciò che conta è la tendenza al miglioramento. Ad Maiora Semper!

Questo carattere fondamentale, distingue l’uomo che lascerà un segno su questa terra, da quello che si guarderebbe bene dal lasciare un segno anche nel proprio giardino.

Vorrei però porre l’accento sul fatto che queste due tipologie di essere umano, abitano lo stesso pianeta, le stesse città, frequentano gli stessi luoghi e spesso vivono nelle stesse case.
Già. Ripensandoci, probabilmente il concetto di “quasi totalità” andrebbe ridimensionato.

In realtà per ogni uomo “ad-maiora” esiste almeno un “panta-rei” che cerca di frenarne ogni anelito di innovazione e di rischio.

Chiameremo per comodità “Soggetto A” il sognatore, e “Soggetto B” il distruttore di prospettive.
Per quanto il Soggetto A possa essere geniale, ci sarà sempre un Soggetto B pronto a dimostrargli che la sua idea sarebbe certamente fallimentare se accadesse un “Fatto X” (ebbene si l’algebra mi ha sempre appassionato…).

Spesso però il Fatto X è una cosa abominevole che renderebbe fallimentare anche aver fatto 6 al SuperEnalotto. Ciò nonostante il Soggetto B imperterrito snocciola una serie di congiunture apocalittiche che porterebbero inevitabilmente alla rovina del Soggetto A. Anzi, di ogni Soggetto A sulla faccia della terra!

È comunque necessario fare dei distinguo: quello di cui parliamo non è il sano realismo che ogni Soggetto A deve possedere. Quest’ultimo è necessario al fine di evitare spedizioni dirette sulla Luna a bordo di una Nissan Micra o enormi divani da pagare in 180 comode rate e che alla fine non entrano in salotto.

Il Soggetto B tipico è tutt’altro che realista.  È anzi affetto da una delle forme peggiori di pessimismo, quello di tipo “fifone”; ossia la paura di “disastrose conseguenze”.

È proprio l’alto numero di soggetti B ad impedirci quotidianamente di essere soddisfatti. Probabilmente anche Sir Mick Jagger doveva avere qualche parente/amico di tipo B che gli impedisse di “ottenere soddisfazione”…

Sulla scorta della mia esperienza personale di Soggetto A circondato da Soggetti B, mi permetto di pubblicare alcune considerazioni-suggerimenti, al fine di dare una mano al povero sognatore che ormai ha paura di sognare anche in fase REM.

Per prima cosa identificate il soggetto B. Una volta individuato il  nemico sarà più facile batterlo.
Potete facilmente riconoscerlo dalla fremente ricerca di uno stipendio fisso, dal terrore della parola “iniziativa” e dalla più completa avversione per il rock-blues (daccordo, questa non è una regola fissa...).
Una volta inquadrato un sospetto, per essere certi della sua identità vi propongo un test.

Provate a chiedere al soggetto se è disponibile per una vostra iniziativa imprenditoriale (aprire un negozio, un bar, una fabbrica di pannolini… quello che volete): Probabilmente vi dirà di sì.
I soggetti B infatti, si mascherano spesso da novelli Richard Branson. Il passo successivo perciò è quello di contestualizzare immediatamente la proposta: Un “domattina andiamo all’agenzia delle entrate” dovrebbe bastare.

A questo punto il vero Soggetto B cambia immediatamente espressione farfugliando ipotetici impegni sui quali non sa però fornire dettagli. Lasciatelo con la promessa di richiamare il giorno seguente.

Tranquilli, se siete stati abbastanza convincenti non sprecherete neanche lo scatto alla risposta. Il soggetto vi telefonerà per primo, elencando una parte delle congiunture apocalittiche di cui sopra…

FATTO! You’ve got an enemy!
Avete il vostro soggetto B.

D’ora in poi qualunque cosa vi dica consideratela come una puntata dello Zoo di 105: un mucchio di str…ate.

Consiglio però di non lasciar trasparire la vostra indifferenza nei confronti delle sue argomentazioni:
Una volta identificato il soggetto, discutere con qualcuno che ci deprime tutto sommato serve… per lo meno avremo modo di confrontare la forza dei nostri propositi.
E come è noto la "concorrenza" è sempre un bene. Anche quella delle idee.